13 agosto 2014

Un posto dove si sta anche bene - Trasfigurazione dello spazio a Malpensa


Cara Sara e colleghi, ecco il link al mio lavoro: http://youtu.be/j0uVMVmpxIo

Le immagini che compongono il filmato sono state raccolte in quattro occasioni: una serata di presentazione del master plan di Malpensa al circolo Arci Paz di Castano Primo (MI); una chiacchierata-intervista con Chiara e Corinna, due esponenti del Comitato Viva Via Gaggio; una passeggiata nel territorio minacciato con Walter, a cui hanno preso parte, oltre alla sottoscritta, Franco e Marco (con i suoi bambini), membri del gruppo Acquaria di Varese; la riunione del coordinamento NoTerzaPista del Castanese, all'interno dell'iniziativa CampoGaggio, presso la ex dogana austro-ungarica, oggi sede del Parco del Ticino. A ciò si aggiunge una sessione di riprese di contorno, di esplorazione dello spazio e dei luoghi. Tra le prime quattro e la seconda c'è una differenza di attrezzatura (videocamera mini dv per le prime e fotocamera con video HD per la seconda), che ha comportato difficoltà nel settaggio per il montaggio (che non ho ancora risolto) e che ha provocato una perdita generale di qualità per l'una e le altre.
Altro inconveniente, che più che solo tecnico, è anche un problema di decisione di postura, è la mia scelta di non montare un cavalletto nell'intervista e di tenere in mano la videocamera, senza badarci più di tanto, e cercando di mantenere un contatto visivo con le interlocutrici. Questo non risulta molto piacevole per chi guarda il filmato, perché l'inquadratura sballonzola, trema e cade, ma è per così dire il prezzo da pagare per non mettere troppo a disagio e a distanza l'interlocutore. Come a dire: non faccio finta che non ci sia la videocamera, infatti la reggo in mano continuamente, ma la umanizzo, (non)controllandola direttamente. Su questo necessariamente devo riflettere e prendere una decisione per il futuro.
Questa introduzione anche a mo' di scusa per chi si sottoporrà alla mezz'ora che la visualizzazione del video richiederà. Per fortuna c'è una bella canzoncina finale, non proprio autoctona, ma in linea con gli intenti dei soggetti ripresi e di ciò che chi riprendeva voleva mostrare: un gruppo di persone che si attacca alla terra, o meglio, al territorio, lo fa suo, fa mente locale, lo abita. Grazie a questo abitare fonda un'appartenza identitaria, si immagina e si vive effettivamente come comunità. La minaccia della terza pista di Malpensa ha consolidato o creato ex novo relazioni, ha esplicitato valori e idee, ha prodotto riti e manufatti. Linguaggi e modi di muoversi. Stili di consumo e di rapporto con il tempo e la storia. La carenza di questo filmato è senza dubbio il fatto che tutto ciò non sia rappresentato, semmai raccontato. Ma questo non è un limite del mezzo audiovisivo in sé: come avevo raccontato in un precedente post, le occasioni non sarebbero mancate. Certamente oltre ad arrivare in orario ai “riti”, avrebbe fatto comodo dedicare più tempo alla ricerca di campo, partecipando più a fondo alla vita della comunità che si sta fondando.
Un dialogo diretto con Ambrogio Milani, il “creatore di parchi” di cui tutti parlano ma che non si vede mai, se non attraverso le sue tracce, i suoi interventi sul terreno, manca del tutto. Questa è stata una scelta dettata dal rispetto che mi incuteva il modo in cui tutti me l'avevano presentato –ovvero una persona che si sottrae, che non ama esporsi– quindi non ho ritenuto consona al mio livello di penetrazione nelle relazioni, la ricerca di un'intervista. Non posso dire sia stata una scelta estetica, anche se poi, devo dire, mi piace che lui non si veda, che sia come una presenza onnisciente, un deus ex machina della situazione!
All'inizio il montaggio aveva previsto una soluzione ben più estenuante, con 56 minuti di spiegoni, per voci degli intervistati, di ogni dettaglio della vicenda. La mia preoccupazione era che si capisse. In realtà, avevo perso di vista il mio intento, che era quello di fare vedere un farsi comunità, o meglio un'atmosfera di comunità, vista la scarsità di materiale. Quindi ho tagliato un bel po', cercando di lasciare le frasi più espressive, più indicative, e tanto spazio allo spazio, per far sentire l'ansia della perdita.

Grazie per l'attenzione.
Alessandra Mainini

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